Cosa lasciare alle nostre spalle?

Cosa lasciare alle nostre spalle?

Con la quarantena appena terminata, cosa abbiamo visto? Molti collegamenti da casa, videoconferenze dal salotto, interventi dal tinello, concertini dal balcone e soprattutto molte, forse troppe, librerie. Arredo vintage, quadri d’autore (a volte storti), salotti, cucine, fornelli a gas con le chiazze di sugo ancora da pulire. E poi, immancabili, i libri.

Eppure il 70 per cento e più del nostro bel paese non sfiora neanche un libro all’anno; e il 10 % ne legge uno ogni sei mesi. Ciò nonostante, farsi riprendere con dei libri alle spalle pare aver dettato una moda. Sarà perché l’anima di un individuo risiede nei libri che legge?o solo per vanità?

Qualcuno ha ostentato enciclopedie di vecchia data ormai obsoleta credendo che fossero cult. Altri hanno mostrato scaffali disordinati, da artisti creativi. Altri ancora libri perfettamente allineati con precisione millimetrica. Ma ci vien bene una citazione dal grande filosofo greco Socrate: “A cosa serve avere tanti libri e librerie se poi non basterebbe una vita intera per leggerne solo i titoli?”. Riflettiamoci.

L’unica eccezione ai libri è stata la regina Elisabetta del Regno Unito di Inghilterra. Durante un suo discorso, sono comparsi oggetti di preziosa porcellana e uno scenario da tinello elegante.

Librerie differenti a seconda delle categorie: politici, scrittori, massaie, attori/attrici… I politici, a fare sfoggio di cultura e a gara di libri d’antiquariato o da collezione. Se di sinistra con titoli da far invidia alla biblioteca di ogni buon rivoluzionario. Se di destra con qualche libro di meno o con titoli “liberal”, magari con un tricolore o un busto d’antan. Scrittori con pile di libri in ogni dove. Giornalisti soffocati da pacchi di quotidiani. Attori con tanto di premi, coppe e coppette. Sportivi con gagliardetti dell’ultima gara.  E i cuochi? Questi professionisti erano già avvezzi a mostrarsi dietro ai fornelli e anche in questa occasione non sono mancate pentole o padelle, con corredo di ingredienti bio, cicoria e focaccine. E chi più ne ha più ne metta.

Ma perché invece non proporre alle nostre spalle una foto delle nostre città? Angoli nascosti o panorami da cartolina, bei paesaggi montani o marine che nulla avrebbero da invidiare alle spiagge esotiche? Potremmo mettere come sfondo alle lezioni on line o alle videochiamate la nostra città o, perché no, il nostro paesello. Aiuteremmo il Paese Italia a promuoversi e la nostra città a farsi conoscere al mondo. E se invece è già famosa? Meglio così, ma daremmo comunque un contributo alla bellezza di cui ora abbiamo molto bisogno.

Per i Veneziani e i veneti c’è solo l’imbarazzo della scelta. Si può cominciare da un bel panorama dolomitico magari con le Tre cime di Lavaredo (anche se le dividiamo con l’Alto Adige) o il Monte Civetta a specchiarsi sullo splendido Lago di Alleghe. O ancora il massiccio della Marmolada (anche questo a cavallo di Veneto e Trentino), la Regina delle Dolomiti con i suoi 3.343 m.

E se volessimo passare ai Laghi? da quello di Garda, versante veronese ai piccoli laghi alpini; per scendere poi ad altri bacini d’acqua, la laguna, il delta del Po, il Piave, le valli dell’Adige.

Se invece puntiamo ai piccoli borghi, abbiamo solo l’imbarazzo della scelta, dalle città murate di epoca medievale (Cittadella, Montagnana, Castelfranco solo per citarne alcune) alle cittadine che vantano anche un meraviglioso castello (Monselice, Soave, Villafranca ad esempio).

Ma la scelta vincente, a simboleggiare tutta la nostra meravigliosa regione, potrebbe essere quella di mettere il bacino di San Marco, il Palazzo Ducale o uno delle centinaia di palazzi che nascondono meraviglie segrete, affacciati sul Canal Grande o su uno dei tanti campi e campielli ad abbellire i sestieri del capoluogo veneto.

E se ci prendesse poi un attacco di sindrome di Stendhal? Nulla di grave. Arte e bellezza non bastano mai e comunque Marie-Henri Beyle riuscì a guarirne. La bellezza salverà il mondo ha scritto uno dei più grandi autori russi, Fëdor Dostoevskij.

Perciò non chiudiamo le nostre finestre né i nostri monitor alla bellezza: sarebbe contro la ragione e distruggerebbe il vero significato della vita.