Il restaurato boschetto alla Rotonda

Il restaurato boschetto alla Rotonda

In terra vicentina tra i declivi della riviera berica Villa La Rotonda è nata dall’incontro fra il genio creativo di Andrea Palladio e la visione raffinata del nobile vicentino Paolo Almerico. Quest’ultimo nel 1565 affidò all’architetto il compito di progettare una dimora straordinaria da erigere su un colle alle porte di Vicenza.

Il risultato è una villa che trascende i confini della semplice residenza di campagna perché è un vero e proprio tempio dedicato all’uomo cinquecentesco. Una magnificenza che incarna come meglio non si potrebbe l’idea rinascimentale di armonia e perfezione!

Naturale che di questa Villa Almerico Capra detta la Rotonda, l’edificio palladiano più iconico del mondo, si sia detto, scritto e rappresentato sempre molto. Strano invece che il manto verde che l’arreda e la circonda connaturato come è alla sua bellezza e alle ragioni stesse della scelta della sua ubicazione, non sia stato oggetto di altrettanto culto e considerazione.

Alla prova dei fatti, ben diverso orientamento tiene fede l’attuale proprietario Nicolò Valmarana, che dopo il grande restauro della facciata della Villa partito con suo padre nel 2000, ha rivolto le sue cure anzitutto a quel recupero del boschetto romantico intrapreso grazie ai fondi del PNRR. Un provvidenziale sostegno ottenuto dopo aver aderito nel 2022 al bando di gara con un progetto che su mille concorrenti è giunto undicesimo.

Si tratta di un disegno conservativo e filologico che mira alla fruibilità del parco in sicurezza e con un’attenzione speciale alla inclusività. In particolare, gli interventi durante tutto l’ultimo biennio (e con l’obbligo di ultimare il progetto entro il dicembre 2024) hanno avuto anzitutto l’obiettivo di ritrovare le viste. Quelle che avevano conquistato Andrea Palladio quando progettava questa Villa: le viste sulla campagna, sul Bacchiglione, sulle colline, sulla città. Quelle che si sviluppano a 360 gradi intorno a quel capolavoro di architettura tra i più invidiati del pianeta, che fu completato nel 1571.

Viste e prospettive che rendono unica questa patrizia dimora, come ha spiegato il conte Nicolò (nel corso della giornata di giovedì 24 ottobre dedicata alla stampa, ovvero il Press Tour), per essere concepita, prima per sé, sulla sua altura contro la luce del sole e poi sulla magnifica relazione con il paesaggio che aveva incantato Goethe. Il bosco, di origine fine ottocentesca, è di 15 mila metri e ha 600 piante d’alto fusto, ora censite e classificate dal punto di vista botanico dei suoi esemplari arborei.

Ad emergere numerose sono le specie esotiche quali il Bagolaro americano (Celtis occidentalis) , la Gledischia Triacantos il Dyospiros Virginiana, molto apprezzate nei parchi di fine Ottocento. Ad accompagnare questa specie c’è poi un boschetto di Acero campestre, Tiglio, Olmo, Frassino e Robinia cresciuti spontaneamente accanto agli esemplari da giardino. Stupiranno alberi di grandi dimensioni, tra cui il Cedro deodara che sarà ripristinato con potature ad hoc.

Il restauro riguarda però anche le parti di architettura legate al verde: il viale d’accesso con le sue statue, il muro di cinta che ha restituito la prova della esistenza della limonaia, infine la terrazza sopra le cantine. L’intervento illustrato dall’ingegnere Filippo Giustiniani e dall’agronoma Anna Chiara Vendramin ha permesso di restituire al boschetto romantico, grazie a tagli oculati, quella qualità di trasparenza che permette di trasguardarlo, dotando il sottobosco di migliaia di bulbi e con potature stagionali a rotazione.

Dalla prossima primavera una App grazie alla intelligenza artificiale ricreerà la voce di Palladio e trasformerà la visita in un dialogo vivo tra passato e futuro offrendo così una guida personalizzata. Inoltre, sempre grazie a PNRR sono stati ideati progetti didattici per le scuole. Questo e molto altro il giorno dopo il Tour Press, è stato ampia materia di riflessione durante il convegno che c’è stato sempre in Villa con il titolo: “Ri-partire dal giardino”. Indicativa come giusta premessa l’osservazione del Conte Nicolò Valmarana sulle due beltà: “sembra che la Villa fatta di roccia e mattoni sia la ragione, la saggezza; mentre il boschetto, che è pura Natura, sia l’istinto, l’imprevedibilità.”

Il Convegno “Ri-partire dal giardino”

L’evento è stato organizzato in due sessioni. La prima con interventi mirati di professionisti e tecnici del settore; la seconda ha visto il coinvolgimento di tre proprietari di giardini storici. L’apertura è stata affidata al proprietario di Villa Almerico Capra detta la rotonda Nicolò Valmarana per i saluti di rito. È seguito l’intervento di Guido Beltramini del Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio sul tema “La Rotonda come macchina per guardare”.

È stata poi la volta dell’architetto Erica Skabar che ha parlato di “Coltivare nel bello. Paesaggio italiano e transizione ecologica: dare una mano alla natura”. Ha chiuso la prima parte Judith Wade, CEO di Grande Giardini Italiani su “25 anni di sviluppo del Horticultural Tourism in Italia”, dove dopo aver rilevato lacune esistenti su alcune infrastrutture e in una politica che non sostiene abbastanza questo importante settore dell’economia, è stata comunicata una buona notizia: visitare i giardini nel tempo libero ha portato il pubblico italiano e straniero a scoprire una Italia spesso lontana dalle rotte del turismo di massa

La seconda sessione è stata con l’intervista ai proprietari di giardini: Nicolò Valmarana, Armando Pizzoni Ardemani, Giuseppe Sigurtà. Se Nicolò Valmarana ha raccontato la sua esperienza sotto l’egida di “Villa Rotonda, villa, mito”, l’intervento di Armando Pizzoni è stato rivolto a “Salvaguardia e gestione del giardino monumentale di Valsanzibio” (Uno dei giardini barocchi meglio conservati e tra i più ricchi di simbologie). Giuseppe Sigurtà ha proposto inoltre al pubblico il suo intervento dal titolo “Parco giardini Sigurtà: un’eccellenza italiana tra storia, fioriture spettacolari e manifestazioni per un pubblico variegato in continua evoluzione”.


In chiusura il conte Nicolò, guardando alla sua personale esperienza, ha detto “essere proprietari di Villa la Rotonda significa sapere di aver ereditato prima di tutto un incarico. Incarico che in me nel tempo è diventato presenza costante e ascolto e non di meno silenzio e misura. Le regole tracciate da Palladio restano segni indelebili e contagiosi di ineguagliabile bellezza. … . non si può e non si potrà mai tradirli”.

Articolo di Marica Rossi