PALAZZO ROVELLA E IL RENOIR IMPRESSIONISTA
Il 25 febbraio si è svolta presso Palazzo Roverella a Rovigo l’inaugurazione della mostra di Renoir che si terrà dal 25 febbraio al 25 giugno. Il programma della mattinata prevedeva la presentazione di: Gilberto Muraro, presidente della Fondazione Cariparo; Edoardo Gaggero, sindaco del comune di Rovigo; Michele Coppola, direttivo esecutivo di arte, cultura e beni storici e infine Paolo Bolpagni, curatore dell’esposizione.
La mostra, intitolata “Renoir. L’alba di un nuovo classicismo” è composta da quarantasette opere provenienti da musei di tutto il mondo. Non meno importante sono le esposizioni dei grandi maestri che il protagonista prese spunto come: Vittore Carpaccio, Tiziano, Giambattista Tiepolo, Jean – Auguste – Dominique Ingres, Peter Paul Rubens Ingres. Pierre – Auguste Renoir è stato considerato uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo. Questa fase della sua produzione è la più nota al grande pubblico, ma fu caratterizzata da una certa disparità di vedute con Monet, Pissarro e Degas. Già verso la fine degli anni Settanta Renoir era tormentato dall’insoddisfazione, dal bisogno di trovare vie alternative. Il viaggio compiuto in Italia nel 1881 – 1882 fu importante nel far evolvere la sua arte: da qui, dalla luce di Venezia e del Mediterraneo, dalla lezione dei grandi maestri del passato (Carpaccio, Raffaello, Tiziano, Rubens, Tiepolo, Ingres) e dalle riflessioni sulla tecnica pittorica nacquero i germi di una sorta di nuova classicità. Renoir arrivò così ad anticipare via via non pochi aspetti del “ritorno all’ordine” che sarebbe esploso verso la fine degli anni Dieci del Novecento in reazione alle avanguardie. Insomma, la fase matura e poi conclusiva della sua carriera, su cui s’incentra questa mostra, non fu affatto un periodo di decadenza, ma anzi si rivela quasi, con le opere pacate, sontuose e spesso monumentali che la connotano, un presagio di sviluppi successivi dell’arte. L’intento è quindi di porre in risalto l’originalità di una produzione che non fu per nulla attardata, ma che costituì uno dei primi casi di quella “moderna classicità” che sarebbe stata perseguita da molti pittori e scultori degli anni Dieci, Venti e Trenta, in maniera speciale in Italia.