Buono...e che sia gelato!

Buono...e che sia gelato!

Siamo in fase 2, ma già da qualche giorno abbiamo potuto gratificarci con un buon gelato da asporto. Con le prime giornate calde vien voglia di rinfrescarsi con un cono o una coppetta da passeggio. Cerchiamo di capire qualcosa di più di questo alimento goloso e rinfrescante.

I gelati si dividono in due grandi categorie: alle creme e alla frutta. Gli ingredienti basilari sono per tutti i gelati, il latte, lo zucchero e le uova. A questi elementi base, se ne possono aggiungere altri, a seconda di quello che si vuole ottenere, ad esempio frutta o creme o nocciole o aromi.

Ma andiamo con ordine, perché la storia del gelato risale a tempi antichi. Al tempo dei Romani gelato indicava semplicemente un aggettivo che accompagnava alcune bevande o alimenti consumati mescolandoli a neve o ghiaccio. La pratica di raffreddare gli alimenti era comune anche a molte altre culture, da quella cinese a quella araba. Presso gli Arabi era molto apprezzato il sorbetto, cioè un dolce freddo al cucchiaio considerato il progenitore del gelato alla frutta; una preparazione semidensa a base di sciroppo di zucchero, succo o polpa di frutta o anche vini e liquori.

I primi gelati di cui si hanno notizie certe erano comunque dei prodotti congelati, ovvero dei blocchi di ghiaccio aromatizzati e zuccherati inseriti in diverse forme dai cuochi pasticceri. Possiamo trovare la prima definizione del gelato nell’enciclopedia di Diderot e D’Alembert, redatta tra il 1751 e il 1784. Nel lemma “crème glacée” troviamo “Nome moderno che si dà a una bevanda liquida dal gusto gradevole, preparata ad arte e congelata in forma di ghiacciolo. Si possono congelare rapidamente tutti i liquidi ottenuti da succhi vegetali servendosi di ghiaccio e di sale, oppure in mancanza di sale, con nitro o soda”.

Ippocrate di Cos, nel V secolo a.C. indicava il consumo di succhi refrigerati come medicina curativa. Lo stesso Alessandro Magno, intorno al 330 a.C., durante le sue conquiste faceva scavare grandi buche nel terreno per conservare la neve compressa da utilizzare in estate come refrigerio delle truppe. Dall’epoca dell’Impero Romano (70 d.C. circa), Plinio il Vecchio ci ha tramandato una ricetta composta da ghiaccio tritato, miele e succhi di frutta da mescolare per ottenere una crema consistente e ghiacciata. Molto diffusi in tutto l’Impero Romano erano i thermopholia, spacci pubblici dove d’inverno si consumavano bevande calde e d’estate bevande fresche, mescolate a ghiaccio e neve pressata.

In Sicilia era diffusa l’arte di conservare la neve grazie ai nivaroli che costruirono le neviere sulle pendici dell’Etna, scavate per una quindicina di metri in profondità nel terreno vulcanico. La raffinata tecnica di raccolta, conservazione e trasporto, permetteva loro di fare arrivare il ghiaccio anche fuori dalla Sicilia. A partire dal XVI secolo un po’ in tutta la penisola italiana vennero edificati depositi per la neve.

L’invenzione del cono-gelato o gelato da passeggio risale agli inizi del Novecento (1903) quando un gelataio cadorino, Italo Marchioni,  inventò il noto contenitore di cialda con la parte aperta verso l’alto da riempire con il gelato (a palline o con una spatola), contribuendo con questa innovazione ad incrementare la popolarità e la diffusione del gelato italiano. Tra le maggiori scuole di gelatai proprio il Veneto può gloriarsi di un’ottima rappresentanza. Meritano una menzione particolare quelle della Val di Zoldo, del Cadore in provincia di Belluno, apprezzate in tutto il mondo.

Ma torniamo ai nostri giorni.

Se siamo golosi di gelato, ma vogliamo prestare la giusta attenzione alle calorie, eccoci qualche dato utile: un cono medio alla frutta apporta intorno alle 130 calorie, alla crema circa 190 calorie, al cioccolato circa 240 calorie. Se poi vogliamo proprio eccedere o concederci qualcosa di più sfizioso con panna, cacao e mandorle, possiamo arrivare ad ingoiare più di 300 calorie.

Sarà difficile assaporare un gelato davvero buono e cremoso senza fare a pugni l’indomani con la bilancia. Come mai? La cremosità del gelato è data dallo zucchero e dai grassi in esso contenuti. Questi ultimi potranno essere più o meno “di qualità”, ma saranno comunque calorici. Se non vogliamo avere alcun rimorso per la nostra linea, dovremo optare per il gelato alla frutta (senza aggiungervi panna né guarnizione). E se vogliamo essere sicuri di introdurre il minimo di calorie possibile? Accontentiamoci di un ghiacciolo… Ma ne vale davvero la pena?

Facciamo pure qualche eccezione, senza esagerare con le porzioni che devono essere quelle adeguate al nostro metabolismo, determinato da sesso, età, movimento fisico, stress ecc. Facciamo attenzione anche a quale gelato diamo ai nostri piccoli che spesso sono i più golosi di questo alimento.

Poi limitiamo il consumo di gelati industriali e confezionati perché  spesso  vengono addizionati con oli e grassi vegetali per aumentarne la sapidità e la spalmabilità. Oltre ad aumentarne cremosità e gusto, questi elementi contribuiscono ad aumentarne il contenuto in calorie. Per quanto riguarda i gelati alla panna: quello artigianale apporta circa 190 calorie, quello confezionato 205. Riguardo ai gelati di frutta invece: quello artigianale apporta 130 calorie e confezionato 150 circa.

Rivolgiamoci a gelaterie di fiducia che utilizzano ingredienti di qualità. Assicuriamoci che nel locale siano esposte anche le percentuali e le calorie contenute. Abbiamo ancora qualche dubbio? Dissolviamolo, togliendoci la soddisfazione di un gelato di qualità. Per la quantità atteniamoci all’antico adagio “in medio stat virtus”. Avremo qualche attimo di felicità, con buona pace della linea!

 

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