Tra colline e cultura

Tra colline e cultura

In Veneto abbiamo delle bellezze esclusive: tra montagne, colline, laguna, fiumi e mare c’è solo l’imbarazzo della scelta. Ma la vera ricchezza, forse, consiste nella serie innumerevole di piccoli borghi, i cosiddetti luoghi minori che in realtà tali proprio non sono. Piccole e medie cittadine alle pendici di un colle, cinte murarie in pianura, paesi arroccati in montagna.

Uno di questi è la cittadina di Asolo, in provincia di Treviso. Ha una storia lunga e ricca di fatti e personaggi di rilievo. Innanzitutto il toponimo, Asolo deriva dal latino Acelum.  Forse da ricondurre alla radice indoeuropea *ak, ovvero “luogo aguzzo”, in riferimento alla natura collinare del territorio o, più in particolare, al colle su cui sorge la rocca. Infatti, dalla cima appuntita del monte Ricco, a 313 metri di quota, si può dominare un vastissimo tratto della grande pianura tra i bacini del Piave e del Brenta e, a nord, la Val Cavasia verso il monte Grappa.

Asolo è sul crocevia tra la pianura veneta e l’area collinare che anticipa le prealpi bellunesi (Colli Asolani). Definita da Giosuè Carducci la Città dei cento orizzonti, Asolo ha un centro  storico suggestivo. Provenendo dalla Pianura, la si scorge da lontano, raccolta entro le antiche mura che si diramano dalla Rocca, fortezza del XII secolo, e subito si possono ammirare le testimonianze della sua millenaria storia.

Era abitata fin dalla preistoria e divenne un importante insediamento dei Veneti. Sotto il dominio romano attraversò un periodo di grande crescita tra I sec. a.C. e I sec. d.C. Era un municipium, termine con cui i Romani indicavano una comunità cittadina legata a Roma, ma con un certo grado di autonomia. Oggi i preziosi reperti archeologici – raccolti in un’apposita sezione del Museo civico – documentano la presenza di Terme, di un Acquedotto, un Foro e un Teatro, a testimonianza dell’importanza di Asolo in epoca romana.

Negli ultimi secoli del Medioevo vide l’egemonia di diverse potenti famiglie, quali i Tempesta, gli Ezzelini, i Da Camino, gli Scaligeri e i  Carraresi. A partire dalla fine del ‘300 la dominazione veneziana le diede grande splendore: nel 1489 Venezia investì della Signoria di Asolo Caterina Cornaro, ex regina di Cipro, che nella cittadina inaugurò una sfarzosa corte in cui accogliere artisti, letterati e poeti. Pietro Bembo scrisse gli “Asolani” proprio negli anni del soggiorno presso la Regina Cornaro.

Divenne un’area privilegiata non solo per la produzione di vino e di ortaggi ma anche “buen retiro” per la nobiltà che, a partire dal 1500, fece costruire importanti dimore – ville, barchesse, casini di caccia – chiamando famosi architetti (ad esempio Canova o Palladio) che contribuirono ad arricchire ulteriormente il fascino del paesaggio. Venezia diede ad Asolo un importante riassetto urbano e la legò alla propria aristocrazia fino al 1797, anno della caduta della Serenissima.

Asolo è Venezia e Venezia è Asolo” si può sentir dire ancora oggi, a sottolineare un’affinità di atmosfera tr Asolo e la città lagunare che si manifesta nell’architettura e nello spirito. Nell’Ottocento, passata sotto la dominazione austriaca, Asolo fu interessata da riforme delle istituzioni civili e da un programma di opere pubbliche, come ad esempio la ristrutturazione del teatro Duse. Infine nel 1866 entrò a far parte del Regno d’Italia.

Luogo di fascino sui dolci colli, Asolo fu meta di poeti e scrittori, artisti e viaggiatori, che qui trovarono ispirazione ed armonia. Tra questi il poeta inglese Robert Browning, la Divina del teatro Eleonora Duse, il compositore Gian Francesco Malipiero, la poetessa Ada Negri, la scrittrice e viaggiatrice inglese Freya Stark.

Una visita ad Asolo permette di conciliare il gusto per la storia e la cultura con i piaceri della tavola. Nelle osterie, nei ristoranti, nei caffè e nelle enoteche tra i portici e le piazze si possono gustare ottimi piatti preparati con prodotti locali, legati alla tradizione culinaria veneziana, come cicchetti. Asolo è anche terra di ottimi vini.

Intorno alla città c’è il territorio del Montello, una superficie di circa 20.000 ettari che gode di condizioni ottimali per la coltivazione di cabernet sauvignon, cabernet franc, carmenere e merlot, se parliamo di uve rosse. Glera, bianchetta, pinot bianco e chardonnay, per le uve bianche. Oltre a queste varietà, è d’obbligo segnalare l’incrocio Manzoni 6.0.13 (bianco). Non spaventiamoci, il grande autore Alessandro Manzoni, che ci riporta ai ricordi di scuola e alle avventure di Renzo e Lucia, non c’entra. Si tratta invece di un vitigno molto particolare  messo a punto negli anni Trenta dal Prof. Luigi Manzoni presso la Scuola di Viticoltura ed Enologia di Conegliano. In quegli anni una serie di malattie della vite causò una profonda crisi nella viticoltura di tutta Europa. Proprio per questo ci fu un grande interesse per il miglioramento genetico della vite tramite incrocio e ibridazione. L’incrocio Manzoni nasce dal Riesling renano e dal Pinot bianco. E poi non dimentichiamo la Recantina, un’uva rossa autoctona, coltivata sin dall’antichità e da pochi anni recuperata alla produzione.

Ma torniamo alla visita: se percorriamo Via Canova, in corrispondenza della Porta di Santa Caterina incontriamo Casa Duse. Un palazzo già nel ‘500 residenza del segretario personale della regina Cornaro, poi passato ad altri proprietari e infine preso in affitto e restaurato da Eleonora Duse con l’intenzione di ritirarvisi. La disponibilità della casa fu oggetto di una vicenda che testimonia l’animo romantico e passionale della Duse.

Solo dopo la rinuncia da parte degli interessati la Divina – così venne soprannominata prima da Gabriele D’Annunzio e poi dal suo pubblico –  tornò in possesso dell’edificio e vi soggiornò dal 1920 al 1922. Lasciò scritto di volere essere seppellita rivolta verso il Monte Grappa per amore dell’Italia e dei soldati che aveva assistito durante la Grande Guerra. Nel Museo Civico è possibile vedere ritratti e lettere autografe dell’attrice, oggetti, libri e arredi personali, abiti e calzature di scena, che nel 1933 la figlia Enrichetta Angelica Marchetti Bullough donò allo Stato italiano, vincolandoli alla città di Asolo.

Se abbiamo voglia di uscire e dare un contributo alla rinascita post-quarantena, visitiamo le nostre bellezze venete. Naturalmente nel pieno rispetto delle norme anti-Covid e dell’ultimo decreto in materia.

 

 

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