A Campiglia dei Berici (VI) anche quest’anno verrà celebrata la “Festa della Torta Putàna” un appuntamento oramai diventato annuale che vede una gara nella quale verrà decretata la migliore di queste torte, preparate per l’occasione dalle varie associazioni campigliesi e da alcune proloco dell’Area Berica.
Due giornate di festa che assumono una veste molto importante in quanto la Festa rientra nell’ottica ecologica del riuso ed è organizzata assieme a Slow Food Area Berica, impegnata a livello sociale proprio nella promozione del riuso e dell’abolizione degli sprechi.
La torta di polenta, da alcuni chiamata pinza, da altri chiamata fugazza, in alcuni dialetti locali, soprattutto del basso vicentino o padovano, è conosciuta anche come “putàna”. Si tratta di un dolce tradizionale della cucina veneta che ha radici profonde nella cultura culinaria della regione.
La Torta Putàna è appunto creata con ingredienti poveri che spesso si avanzavano o che comunque erano sempre presenti nelle dispense contadine.
Ingredienti e Preparazione:
La ricetta della Torta Putàna varia leggermente da famiglia a famiglia, ma gli ingredienti principali includono farina di mais (Polenta), farina o pane raffermo, zucchero, burro, latte, uvetta, frutta secca e scorza di agrumi. La preparazione richiede pazienza e dedizione, poiché l’impasto deve essere lavorato con cura e lasciato lievitare prima di essere cotto.
Caratteristiche distintive:
La Torta Putàna si distingue per la sua consistenza morbida e leggermente dolce, arricchita dal sapore dell’uvetta, dello zucchero e degli aromi degli agrumi. La presenza di fichi secchi, noci o pinoli conferisce al dolce una nota di sapore unica e una piacevole consistenza croccante.
Tradizione e Storia:
La Torta Putàna ha una lunga storia che affonda le radici nelle tradizioni culinarie della regione veneta. Originariamente, veniva preparata durante le festività̀ religiose, come Natale e Pasqua, per celebrare le occasioni speciali in famiglia. Nel corso del tempo, è diventata una presenza costante sulle tavole venete durante tutto l’anno, rappresentando un simbolo di convivialità e tradizione.
La putàna, curiosità sull’origine del nome
Il nome, bizzarro e un po’ equivoco, è oggetto di molte interpretazioni, spesso non viene nominato per senso pudico, è stato introdotto nella zona del vicentino già nel 1405 ai tempi della Serenissima.
La genesi più tenera lavora sulla semantica e interpreta che il nome “putàna” derivi da “putea” che in Veneto significa bambina, perché si tratta di un dolce adatto alla merenda dei bambini, quando le mamme lo preparavano con gli “avanzi” e grazie a zucchero, uvetta e fichi secchi era molto gradito dai bambini grazie all’alta sensazione di dolcezza.
Una storia romanzata, narra invece che questo nome derivi da un’esclamazione di una cameriera di un’osteria vicentina: mentre portava questa torta al tavolo, tolsero improvvisamente la luce e trovatosi improvvisamente al buio, inciampò su un gradino, il primo pensiero fu di aver fatto volare la torta. Quando la luce torno, vide invece che la fetta si trovava ancora nel piatto e per la sorpreso, esclamò “La putàna!”, da qui la pinza in veneto cambiò nome e venne sopranominata appunto “putàna”.
Un’interpretazione più romantica attribuisce, invece, i natali di questo dolce a Napoleone Bonaparte che durante una suo soggiorno in Italia donò ad una donna di facili costumi alcuni avanzi. La donna si ripresentò all’Imperatore il giorno seguente, per ringraziarlo, con un dolce che aveva preparato utilizzando quegli scarti aggiungendo un oò di zucchero.
Versatilità̀ e Consumo:
La versatilità della Torta Putàna la rende adatta a essere consumata in diverse occasioni. È deliziosa servita da sola come dolce dopo un pasto, ma può anche essere accompagnata da una tazza di caffè o tè per una pausa pomeridiana, o da una tazza di latte caldo per la colazione del mattino. E’ buona calda, poco dopo sfornata, assaporandola al cucchiaio, o tiepida e fredda momento nel quale lo zucchero e la polenta si addensano rendendola morbida e compatta, valorizzando in maniera più evidente l’incontro gustativo con i pezzi di frutta secca o candita contenuti all’interno.
Conclusioni:
La Torta Putàna è molto più di un semplice dolce; è un simbolo di tradizione, convivialità e amore per la buona cucina. La sua ricetta tramandata di generazione in generazione e la sua presenza costante sulle tavole venete testimoniano il suo status di patrimonio culinario della regione. Che sia chiamata pinza o putàna, questo dolce delizierà sempre i palati di coloro che lo assaggiano, portando con sé un pezzetto di storia e tradizione veneta.
Le ricette sono diverse da luogo e luogo, io ne riporto una che racchiude una serie di ingredienti base e che dovrebbe essere quella più vicina all’originale. Su questa ricetta non c’è l’uovo perché in molti ritengono che l’uovo non venisse utilizzato per fare un dolce povero in quanto era utilizzato come denaro di scambio per acquistare viveri e derrate.
L’assaggio e le personali considerazioni
Ho avuto il piacere di degustato la Torta “putàna” preparata da Stefania assaporandola sia tiepida che fredda, a livello visivo si presentava in maniera accattivante grazie al suo colori giallo e marrone, colpiva l’evidente lucidità dello zucchero che sembrava uno strato di gel che emergeva nelle parti più chiare e che portava la mia mente a dei ricordi fanciulleschi. “la polenta immersa nel latte” che, il mio papà, ogni tanto, mangiava alla sera quando tornava stanco dall’orto. La compattezza dell’impasto centrale dal quale uscivano pezzettini di frutta secca sembra una crema di mele. Un profumo inebriante di agrumi pervadeva i miei sensi, scorza d’arancio con un sentore dolciastro di zucchero e mais. Il palato recepiva tutte queste informazioni e ne aggiungeva altre a validarne la bontà, sotto il profilo tattile si percepisce la sabbiosità dello zucchero, la morbidezza dell’impasto e le esplosioni di dolcezza date dall’uva passita e dai fichi che. Donavano alla bocca la croccantezza data da alcuni suoi semi che croccavano tra i denti.
La degustazione termina con l’aroma dolce dello zucchero caramellato avvolto dall’appassionante sentore di agrumi che pervade la bocca.
Degustandola fredda diminuiscono i sentori aromatici ma aumentano le sensazioni tattili.
Ma ora vediamo la ricetta.
Per una tortiera del diametro di 24 centimetri
Ingredienti
- 750 ml di latte intero o parzialmente scremato
- 150 g di farina di mais (bramata o maranello)
- 75 g di farina bianca 00 o 0 o del pane vecchio grattuggiato
- 75 g di zucchero semolato bianco
- 75 g di burro
- 35 di uvetta passa
- qb tazzina di grappa
- 1/2 bustina di lievito per dolci
- qb buccia arancia
- 5-6 fichi secchi
- 1 mela grande
- 4-5 noci
- qb frutta candita, cedro, arancia
- 1 pizzico di sale
Istruzioni
- Preriscaldate il forno in modalità statica a 180°C.
- In una ciotola, mettete a bagno l’uvetta con la grappa per almeno una decina di minuti poi scolatela, sciacquatela e rimetterla nella ciotola con la grappa.
- Tagliate in quattro i fichi secchi e metteteli da parte.
- Portate ad ebollizione il latte in una pentola capiente. Quando bolle abbassate il fuoco e sfarinate (lasciate cadere a pioggia) le due farine e poi il lievito con lo zucchero, evitando di fare grumi.
- Rimettete sul fuoco basso continuate a mescolare per qualche minuto con la frusta.
- Una volta che il composto inizierà ad addensarsi fate cuocere per 15 minuti, finché non si ottiene una polentina omogenea, sempre mescolando, meglio con un mestolo di legno ora.
- Togliete dal fuoco, unite il burro tagliato a pezzetti e fatelo sciogliere completamente.
- Infine, unite l’uva passa ben sgocciolata e gli eventuali altri ingredienti (la frutta secca, i fichi e le mele sbucciate e tagliate a pezzetti).
- Amalgamate bene fino ad ottenere un composto omogeneo e mettetelo nella tortiera, possibilmente a cerniera, precedentemente imburrata e poi cosparsa di pane grattugiato, formando uno strato di 3-4 centimetri.
- Fate cuocere in forno a 180°C in modalità statica per 50-60 minuti e comunque fino a quando la superficie non inizierà a dorarsi.
- Una volta cotta, fatela raffreddare su di una gratella, quindi tagliate la torta di polenta e gustatela ancora calda o tiepida.
- Buona anche i giorni successivi, sempre meglio servita un po’ tiepida.