Il Teatro Boxer nasce nel 2000; agli inizi la sede nella provincia padovana presso il teatro Filarmonico di Piove di Sacco. I giovani attori allora erano Andrea Pennacchi, Filippo Zago, che ne era anche il co-direttore e una compagnia teatrale locale, che in seguito si è sciolta. Dopo 5 anni entrano Marialaura Maritan (oggi moglie di Andrea Pennacchi), con un ruolo amministrativo, poi il musicista Giorgio Gobbo e un altro attore Francesco Gerardi.
Attualmente la sede è a Padova e i laboratori si svolgono nelle scuole, al cineteatro Esperia, in vari teatri veneti, nella rassegna estiva padovana presso l’Odeo Cornaro.
Strano nome Boxer per una compagnia teatrale… Già. La storia è davvero interessante: nasce dal combattimento del pugile come metafora del lavoro dell’attore, un lavoro, che contrariamente a quello che si crede, richiede allenamenti costanti un po’ come quello dell’atleta. Oltre a questo è un mestiere che richiede prontezza così da saper intuire e anticipare le risposte di chi è in scena, proprio come sul ring. Persino la leggerezza dei passi e degli spostamenti dell’attore sul palcoscenico ricorda quella del boxer.
La prima a parlarmi è Marialaura che segue la direzione amministrativa del Boxer e fa teatro con i bambini: lavora per passione e ritiene che il teatro e la recitazione siano un ottimo strumento per evolvere, condividere, poter uscire da un ruolo non sempre scelto da noi. Oggi più che mai il teatro nelle scuole è un modo per ridare motivazione ai giovani, che non sempre sanno quale sia il proprio posto e quale sia la direzione da prendere nella vita. E poi i giovani facendo teatro si divertono. Avere un pubblico giovane significa comunicare anche ad altri l’impatto dell’esperienza e essere più sicuri di sé, con piena consapevolezza.
Andrea Pennacchi: dopo tanta attività a Padova e in veneto per il Teatro Stabile del Veneto con registi come Damiano Micheletto, Bepi Emiliani i Emanuele Maria Βasso, è poi approdato al grande schermo, recitando la parte di Sandro, nel pluripremiato film: “Io sono Li” di Andrea Segre (2011) e in un cameo anche ne “La prima neve” (2013), per Carlo Mazzacurati ho recitato ne “La sedia della felicità”(2013). La sua partecipazione cinematografica ha continuato con “Leoni” del regista Pietro Parolin,“Suburra”, di Sergio Sollima e il “Il colore nascosto delle cose”, di Silvio Soldini. “Arrivano i prof”, con la regia di Ivan Silvestrini nel 2018. Ha partecipato a molte fiction-tv come “L’Oriana”, regia di Marco Turco, “Grand Hotel”di Luca Ribuoli, poi, “Non Uccidere 2”, “ Don Matteo”, e “A un passo dal Cielo”. Ma soprattutto la fortunata serie“Il paradiso delle signore”.
Come mai hai deciso di seguire la carriera di attore?
Ho iniziato per curiosità col centro universitario teatrale, in realtà all’inizio sapevo ben poco del teatro e mi sono divertito, solo col tempo mi sono accorto di essere caduto in trappola.
Amo tutti i modi di raccontare storie, ma devo ammettere che il teatro, il primo amore, mantiene sempre il solido dominio.
È un momento di grande vitalità per il teatro, e questo è bene, ma le condizioni economiche rendono difficile distinguere tra l’attività amatoriale e quella professionale, soprattutto per le compagnie giovani, diciamo:viva la vitalità!
Il tuo cv oramai è lunghissimo: tv cinema teatro…cosa ti piace di più?
Il teatro avrà sempre a che fare con il battito del mio cuore, non è di una preferenza che si può parlare, ma forse di una vocazione all’arte di recitare. La differenza è nel tramite e i diversi stili comunicativi. Quello d’impatto e di azioni più grandi previste a teatro e quello che si serve del piccolo schermo e del cinema che richiede azioni più misurate nell’intensità… ogni ambito è per me una sfida.
Hai un aneddoto circa Il paradiso delle signore?come ti senti nei panni di Ezio Galli?
Ne avrei molti, ma, ahimè, il ragionier Galli è andato in pensione…
Il pubblico non solo del teatro, ma anche del cinema e della Tv ti vuole bene: qual è il tuo segreto?
L’autenticità. Questa parola può sembrare poco adatta al mestiere dell’attore, che interpreta dei personaggi che spesso gli chiedono gli altri. Ma essere un vero tramite di qualcosa che lavora sotto, nelle nostre coscienze mette l’ attore e il pubblico in una relazione profonda e di amore.
Cosa ne pensi del cinema italiano di oggi?
Il cinema italiano oggi è sempre un cinema d’autore, con tanta gente che ci lavora con dedizione. Siamo cambiati noi, i nostri vissuti e cosa rappresentare. Si affacciano nuove realtà di cui il mondo artistico di oggi sta già tenendo conto. La Roma di Fellini, la poesia di Pasolini e le magistrali interpretazioni degli artisti di quegli anni testimoniano un’Italia che cerca di uscire dalla povertà del dopo guerra con la forza dell’unione di tutti, compresi gli artisti. Oggi si parlano le monadi e piccoli gruppi, non c’è più la Dolce Vita del quartiere degli artisti. Ma ciò nonostante ci sono ancora registi che credono nel lavoro di professionisti autentici. Ci sono giovani realtà emergenti che grazie ai coworking, riescono ad organizzare i moovidays, giornate aperte di cinema, che uniscono e fanno conoscere le realtà meno visibili ma molto potenti.
Teatro amatoriale e di professionisti… com’è oggi la situazione?
In Veneto le compagnie amatoriali sono numerose e si prendono molto sul serio.
Diverso è il circuito professionista fatto d’ingaggi, molte ore di prova e tantissimo lavoro non quantificato e quantificabile.
È bello che ci siano entrambe le realtà, che rendano questo lavoro vivo e rinnovabile.
Progetti imminenti…
Progetti per il futuro? sono tanti, soprattutto spettacoli scritti da me come ‘mio padre’ e tanti lavori in televisione.
Ed ora lo possiamo vedere anche sulla Sette in televisione a fare la parodia del “nordestino” deluso.
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