Una regia magistrale, quella di Paolo Valerio, a dirigere un cast eccezionale che vede sulla scena il mattatore Franco Branciaroli nel ruolo dell’avido Shylock de “Il mercante di Venezia” di William Shakespeare. In scena al Teatro Verdi fino ad oggi 4 dicembre, il dramma dai temi universali e eterni, tratta dell’avidità e della malvagità di un usuraio ebreo che vuole costringere Antonio, un ricco mercante veneziano, ad una spietata quanto impossibile obbligazione: una libbra della sua carne, tagliata vicino al cuore. Il testo shakespeariano è noto al pubblico colto del teatro, ma anche a quello più popolare del cinema e della televisione, in particolare dopo la splendida interpretazione di Al Pacino che lo ha portato nel grande schermo, nel 2004, con la regia di Michael Radford. Ci piace ricordare che molte scene del film sono state girate in Veneto tra Vicenza e il castello di Thiene.
Il personaggio di Shylock è da secoli al centro di due correnti di pensiero contrastanti: l’una che lo considera il classico cattivo, frutto della cultura cristiano-occidentale tradizionalmente anti-ebraica già ben prima dei tempi di Shakespeare; l’altra che considera Shylock come una figura tragica e controcorrente, nata dall’intuito shakespeariano. Di fronte al dramma del personaggio Shylock-Branciaroli lo spettatore è incerto se parteggiare per lui ritenendo tutto il dramma solo una sorta di gioco (per dirla con una battuta della scena “For sport”) oppure odiarlo per il suo gelido cinismo. Eppure, molti sono i dispiaceri e i dolori dell’usuraio, in particolare la fuga segreta della figlia Jessica con l’amato Lorenzo e con un bel gruzzolo sottratto al padre.
Due ore e trenta di spettacolo puro in cui si resta ammaliati dalla scenografia ben studiata con giochi di luci e colori e spazi su più piani a rappresentare la casa di Shylock o ancora la camera di Porzia, la cui storia arricchisce il valore didascalico della pièce, inducendo a riflettere sull’amore, la vita e le ambizioni degli uomini. Ma il piano superiore – che purtroppo non può essere fruito appieno dallo spettatore dei palchi più alti o della galleria – esprime scenograficamente il massimo con l’apparizione quasi divina ( un deus ex machina) del Doge, la cui figura vestita di rosso spicca sui toni scuri del resto della scena.
Sulla scia dell’autore inglese, il regista mescola toni drammatici elisabettiani (la scena del tribunale ad esempio) ad altri da commedia quasi goldoniana (i monologhi di Lancillotto), che induce al sorriso e talvolta alla risata. Branciaroli è abile nel far odiare al pubblico il protagonista e lo fa con abilissimi cambiamenti di tono della voce caratteristici della malvagità, con risate ironiche e battute profondamente ciniche, ma, per altro, veritiere. Il primo attore riesce anche a commuovere quando, alla fine del dramma, l’usuraio ebreo è costretto alla conversione al cristianesimo: è in questo momento finale del secondo atto che Shylock riceve tutta la piena comprensione del pubblico e Branciaroli sa scatenarla con drammatici gesti di remissione, mentre si ritrae sul palcoscenico più interno sino ad abbarbicarsi alla scenografia di solida e fredda pietra (come il suo cuore?) del tribunale e finire poi per scomparire nel buio.
Ruoli femminili affatto secondari per Valentina Violo, Dalila Reas e Mersila Sokoli rispettivamente come Porzia, Nerissa e Jessica. Le prime due, in particolare, sanno giocare travestimenti maschili e dotti (per altro di giuristi padovani) con la giusta attenzione alla voce e alle movenze. Bravi gli attori più giovani quali Stefano Scandaletti (Bassanio) e Giulio Cancelli (nel ruolo di Graziano e del Principe di Aragona). Apprezzatissimo ed esilarante anche Mauro Malinverno nei ruoli di Lancillotto e di Tubai.
Il pubblico già all’intervallo commenta soddisfatto, ma è dal calore degli applausi a fine spettacolo che si dimostra il pieno entusiasmo, dovuto al cast di attori e alla regia.
Si esce dal teatro riflettendo sui potenti temi universali che continuano a porre questioni di assoluta necessità: lo scontro di religioni, l’amore, l’amicizia, la sete di denaro e di vendetta. Caratteri umani che mai si spegneranno.