Tra Pop e Beat mostra in Basilica Palladiana a Vicenza

Tra Pop e Beat mostra in Basilica Palladiana a Vicenza

Articolo di Marica Rossi

Una mostra tematica che promette d’essere viva, comprensibile, popolare, pensata per riportare nella collettività la leggerezza e la propositività sociale di anni pieni di fermenti innovativi, attualizzando quella “Libertà di sognare” che oggi può rivelarsi salfifica dopo le costrizioni del lockdown. “Pop / Beat -Italia 1960-1979. Liberi di sognare” si visita a Vicenza in Basilica Palladiana dal 2 marzo al 30 giugno, curata da Roberto Floreani e coprodotta dal Comune di Vicenza e Silvana Editoriale.

Lucio Del Pezzo, Mensola in rosso, 1964 Collezione Koelliker. Courtesy BKV Fine Art

E’ il felice approdo di un progetto di pittura, scultura, video e letteratura inedito per l’Italia perché presenta gli anni ’60 e ’70 raramente raccontati all’interno di eventi espositivi. Una mostra non di consumo ma di ricerca (come auspicava il rimpianto critico Daverio) perché punta a ricontestualizzare la natura dei due movimenti rispetto a quelli americani.

Si vuole infatti dimostrare come l’arte Pop Italiana abbia fatto storia trovando alcuni antecedenti ad esempio nel Futurismo ed essendo l’anticipatrice di quel movimento e mai al seguito di quello americano. Ed è pure una mostra Pop, capace di arrivare a tutti, con una serie di attività performative realizzate insieme alle attività culturali della città (Biblioteche, Associazioni, Teatri, Conservatorio) e un’area didattica allestita al salone degli Zavatteri al piano terra del monumento palladiano.


La spettacolare messa in scena della stagione Pop abita il salone di milleduecento metri della Basilica con un centinaio di opere di 35 artisti, mentre la corrispettiva sezione Beat parla della musica di quegli anni, diffusa in loop e rappresentata da rari documenti originali (di cui l’esposizione dà conto) di Gianni Milano (mentore di un’intera generazione), Aldo Piromalli, Andrea d’Anna, Gianni De Martino, Pietro Tartamella, Eros Alesi, Vincenzo Parrella e molti altri, nonché della vicenda artistica dell’Antigruppo siciliano. Viene anche ricordato che il vocabolo Beat nasce in America da un dialogo di Jack Kerouac e Clellon Holmes nel 1948 e diffuso alla fine del 1952.

Nell’uso comune il termine sarà attribuito ad una persona che ha toccato il fondo del mondo, senza un soldo e un posto dove stare. Invece l’arte Pop negli States prenderà identità precisa a NY solo un decennio dopo. In Italia le tendenze Pop e Beat, pur nell’improprietà delle due definizioni, avranno una genesi più ravvicinata: la prima nel 1962, la seconda a partire dal 1965.

Renato Mambor, Natura morta e materia, 1966. Collezione privata, Firenze. Courtesy Tornabuoni Arte

Gli esemplari d’arte Pop che fanno bella mostra di sé provengono dai principali musei (come Mart e Museo Novecento di Firenze), Gallerie (quali Giò Marconi), Collezioni (fra cui Intesa San Paolo) e da privati secondo una selezione all’altezza dei presupposti teorici di tale impegnativo progetto. Sono opere di: Valerio Adami, Franco Angeli, Enrico Baj, Paolo Baratella, Roberto Barni, Gianni Bertini, Alik Cavaliere, Mario Ceroli , Claudio Cintoli, Lucio Del Pezzo, Fernando De Filippi, Bruno Di Bello, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Pietro Gallina, Piero Gilardi, Sergio Lombardo, Roberto Malquori, Renato Mambor, Elio Marchegiani, Umberto Mariani, Gino Marotta, Titina Maselli, Fabio Mauri, Aldo Mondino, Ugo Nespolo, Pino Pascali, Michelangelo Pistoletto, Concetto Pozzati, Sergio Sarri, Mario Schifano, Giangiacomo Spadari, Tino Stefanoni, Cesare Tacchi, Emilio Tadini.


Catalogo
Silvana Editoriale con testi di Roberto Floreani, Gaspare Luigi Marcone, Alessandro Manca


Per informazioni: mostrapopbeat.it
Per prenotazioni 0444 1970029.
Orari Da martedì a domenica 10-18. Lunedì chiuso

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