Di Maurizio Drago – Fotoservizio di Secondo Casadei
Il Borgo di Rapino (Chieti) e la statuetta della “Dea di Rapino”
(Rapino, Chieti, novembre 2020) Forse ancor oggi la statuetta della “Dea di Rapino”, che rappresentava la Dea Madre legata ai cicli naturali della terra, prega per il buon raccolto degli agricoltori di Rapino, borgo di 1200 anime situato su una collina di 400 metri ai piedi della Maiella in Abruzzo. Peccato che la statuetta di bronzo della Dea di Rapino (che ha più di 25 secoli) non si trovi nella sua terra dove l’hanno scoperta nella Grotta del Colle, ma in un museo di Chieti, “spaesata” in una città che non conosce anche se non molto
lontana, perché non ha le radici del suo borgo. E’ come se spostassimo di colpo l’oleificio Cinosi, autoctono di Rapino, verso una città dove non ci sono le radici di una famiglia radicata da quattro generazioni e appassionata di olio extra vergine di oliva. Rapino è paese a una trentina di chilometri dal mare chietino, non ci sono industrie e servizi, la gente del posto è costituita da lavoratori della terra, molti sono emigrati nel mondo, alcuni fanno ritorno con grande piacere ritoranando ad “assaporare” la loro terra. Il paragone con la statuetta della Dea di Rapino ci sta: questo per rafforzare quanto le origini della propria terra sono importanti e determinanti nella storia della civiltà. Lo può dimostrare chi sta scrivendo questo articolo che, grazie all’appassionato ricercatore delle cose buone Luciano Boscolo Cucco, ha conosciuto la famiglia Cinosi che lavora nell’oleificio e ha avuto la possibilità di visitare il borgo ai piedi della Maiella e di gustare l’ottimo olio extra vergine di oliva.
L’oleificio Cinosi, quattro generazioni appassionate di olive
Qui svolge l’attività il frantoio Cinosi, lo stabilimento è tuttore gestito
dai fratelli Antonello e Alfonso. Il frantoio si trova all’entrata del paese. Sulla facciata c’è una rappresentazione paesaggistica della raccolta delle olive effettuata con le mattonelle di ceramica. Perché Rapino era il paese della ceramica artistica, ancora oggi portata avanti da qualche appassionato, anche se rimane famosa quella del comune di Castelli a qualche decina di chilometri di distanza. A Rapino c’è un piccolo museo della ceramica per chi vuole visitarlo.
La storia dell’Oleificio Cinosi
Del Frantoio Cinosi si conosce la sua storia e la sua tradizione portata avanti in questo piccolo paese d’Abruzzo. Alfonso Cinosi, nonno di Antonello e Alfonso, nel 1963 avviava il frantoio. In questi paesi di frantoi ce n’erano moltissimi, come i molini nelle pianure. Ogni 15 famiglie c’era un piccolo frantoio di legno, a “trabocco”, lo stesso nome come i più famosi trabocchi della pesca nella riviera adriatica abruzzese. Nonno Alfonso continuava con la nonna Antonietta nella produzione molitoria. Ma la povertà aguzza l’ingegno. Nel periodo della guerra il nonno si dedica anche al commercio di scarpe. Ne parla con grande orgoglio Antonello. “ Poi mio padre Nicola si sposa con mia mamma Silvana e nel 1963 persegue la storia del frantoio Cinosi”. Una grande foto è appesa all’entrata del frantoio e il quadro familiare rappresenta il fondatore del frantoio Alfonso, poi il padre Nicola. Non c’erano le donne anche se per la verità costituivano un elemento importantissimo per le decisioni imprenditoriali. Nel 1981 Antonello parte per militare e comincia a sviluppare il suo progetto visionario, quello di pensare di realizzare il frantoio, ingrandendolo e avviando una politica di commercializzazione dell’ottimo olio.
“Cosi’ mi intesto il primo frantoio mentre le scarpe le segue mio fratello” sottolinea Antonello. “Nel ’97 amplio totalmente il frantoio investendo sull’attività”. I clienti? “Il nostro è un sistema passaparola. Sono i clienti e le famiglie a passare la parola, abbiamo circa 400 famiglie fisse. Esportiamo anche l’olio in Canada, ad Ottawa, dove c’è una importante presenza come l’associazione di Rapinesi a Ottawa. E nel Canton Ticino, in Svizzera. Ora andiamo verso la quarta generazione, facendo seguire l’attività dai figli. La giovane Eliana Cinosi (figlia di Alfonso) lavora con il fratello Nicola (Giorgio, invece, è il figlio di Antonello), nel frantoio lavora anche Alfonso Cocciaglia, giovane e promettente musicista, qualche anno fa ha vinto il mondiale nella categoria “organetto“. Eliana ci spiega che l’olio extra
vergine di oliva Cinosi proviene da selezioni di olive delle varietà Leccino, Gentile, Cucco e Olivastro provenienti da tutta la regione. Il Cucco, in particolare, è una varietà particolarmente legata alla storia della olivicoltura abruzzese, presente nei vecchi oliveti della collina litoranea. Le olive, raccolte tramite brucatura a mano, vengono spremute nel frantoio Cinosi con molitura a freddo, ovvero con le molazze di pietra, entro 24 ore dal raccolto. Successivamente, la pasta di olive è pressata ed infine centrifugata. Di fatto è un olio biologico. Quest’anno la raccolta delle olive è buona anche se vengono raccolte prima rispetto agli scorsi anni. Colpa del clima che varia. “Ogni anno vengono anticipati i tempi per la raccolta delle olive – racconta Antonello – qualche anno si iniziava al primo di novembre e si andava avanti sino a metà dicembre, ora i tempi sono totalmente cambiati. La raccolta delle olive inizia ai primi di ottobre e si prosegue sino a metà novembre”. La raccolta delle olive costituiva una tradizione in quanto in questa terra ritornavano i figli che lavoravano lontano. Ora qualche anziano non raccoglie le olive, un peccato.
Ritorni la statuina della Dea di Rapino…
La statuina della Dea di Rapino, a mio avviso, dovrebbe ritornare nel suo paese: piuttosto che rimanere fra le mille cose del museo di Chieti riprenderebbe il suo valore a Rapino: è un appello agli amministratori del piccolo bel comune di Rapino. Chiedete quello che vi spetta. La statuina potrebbe incrementare il raccolto… far accorrere gente a passare qualche giornata in questo borgo abruzzese, assaggiare le tipicità e … tanto olio extra vergine di oliva genuino…. E gli olivocoltori, gli agricoltori tutti e gli abitanti di Rapino ringrazierebbero!