Una strenna natalizia che al suo internazionale pubblico sarà assai gradita, è il regalo dalla Basilica Palladiana d’una mostra tra le sue auliche mura straordinaria.
“Tre capolavori a Vicenza” a cura del direttore di Palladio Museum Guido Beltramini e di Francesca Cappelletti direttrice della Galleria Borghese di Roma, si apre il 16 dicembre con tre ambitissime opere d’arte che restano esposte fino al 4 febbraio.
Saranno da ammirare oltre che per il loro insito valore, per la relazione che nasce da un confronto sul concetto di tempo evocato da ciascuno e che travalicando quattro secoli perviene all’oggi.
L’opera più emblematica è il grandioso San Girolamo di Caravaggio prestato dalla galleria romana che prende il nome dalla famiglia di quel Scipione Borghese cui era dedicato il capolavoro. Il potente cardinale alla data della consegna ai primi del 1606 era già ammiratore dell’artista che infatti aveva potuto contare su di lui per alcuni guai giudiziari dovuti alla bellicosità di quel carattere, che fu causa irreparabile della fuga da Roma il 29 maggio e infine della sua rovina.
Il quadro olio su tela 112x127cm rammemora il tutto su Girolamo noto traduttore della Bibbia dal greco al latino e quindi santo protettore di traduttori e archeologi dicendo molto anche della predilezione del Merisi per lui. Infatti lo aveva ritratto con diversa postura in due ulteriori opere. Una eseguita a Malta che la custodisce nella Concattedrale di San Giovanni; la seconda che pervenendo dalla collezione Giustiniani è di proprietà del Museo di Montserrat in Spagna. Questo atteso per l’imminente mostra in terra berica ci sembra il quadro più rappresentativo.
Il dipinto si divide in due grandi campi di colore: l’uno con i toni caldi dell’incarnato del Santo e del suo mantello; l’altro caratterizzato dai toni freddi del libro aperto (su cui quale simbolo della vanità campeggia il teschio) e del drappo bianco.
Magistrale e tipico del Caravaggio è l’utilizzo della luce che irrompe in un ambiente appena accennato facendo emergere dal fondo i colori del rosso passando per una varietà di marroni che arriva al bianco. Altra singolarità è che l’artista non si concede idealizzazioni estetiche nel raffigurare il protagonista giacché si sofferma su dettagli come le rughe della fronte o la barba grigia incolta.
Un capolavoro di geniale realismo dove vita e morte, passato e presente sembrano fronteggiarsi in una felice connessione con il tema del secondo dei quadri scelti “Le quattro età dell’uomo” di Antoon Van Dyck, il più brillante degli allievi di Rubens. Una tela custodita a Palazzo Chiericati sede palladiana del Museo Civico di Vicenza essendo stata donata alla città dalla contessa Paolina Pigafetta Porto Godi Bissari (1760-1825).
L’opera è uno dei lavori eseguiti dal pittore fiammingo durante la sua permanenza in Italia dal 1621 al 1627. Le età del titolo sono rappresentate dai personaggi raffigurati: il bambino paffuto dormiente è l’infanzia, la fanciulla a destra nell’atto di offrire delle rose è la giovinezza, l’uomo armato sedotto dalla donna rappresenta la maturità, in fondo l’anziano canuto è la vecchiaia.
In questo serrato dialogo d’arte si inserisce a buon diritto il contemporaneo Arcangelo Sassolino presentando un inedito che reca il titolo “No Memory Without Loss”. L’artista, vicentino di Trissino ma da lunga pezza nome internazionale, si mette in relazione con Caravaggio come avvenuto con la grande installazione per il Padiglione Malta all’ultima Biennale di Venezia dello scorso anno, con la differenza che in Basilica il dialogo avviene in forma più diretta.
“No Memory Without Loss” spiega il curatore Beltramini ”è un grande disco in acciaio che ruota lentamente. Sulla sua superficie è spalmato uno spesso strato di olio industriale rosso ad alta viscosità. Il suo inevitabile colare a terra è rallentato dal moto circolare del disco. L’immagine permane, ma non è mai uguale a se stessa; è un continua ricomporsi, mutare, fallire. Se fermassimo il moto del cerchio, l’olio cadrebbe rapidamente al suolo: il tempo di cui ci parla Sassolino non è un tempo astratto, è il nostro tempo, il tempo dell’esistenza.”
Ancora più interessante è l’osservazione che Beltramini aggiunge “Nel lavoro di Sassolino è come se la pittura fissata dalle pennellate dei due maestri tornasse fluida. Ma il tema è quello: come dare senso all’esperienza del tempo, alla lotta con cui cerchiamo di opporci alla morte, con cui ci aggrappiamo alla vita. L’arte è uno dei modi attraverso cui gli esseri umani imparano qualcosa relativamente al vivere e al morire”.
L’evento è promosso dal Comune di Vicenza con Banca Intesa SanPaolo. Il progetto è curato dai Musei Civici di Vicenza, Fondazione Teatro Comunale, il Centro Internazionale di Studi Andrea Palladio con il supporto di Marsilio Arte. L’iniziativa è stata resa possibile grazie alla sponsorizzazione di Confindustria Vicenza, Cereal Docks, Gemmo, Beltrame, Melegatti e LD72, e alla partenership con Art Bonus con Relazionésimo e amer group.
Articolo di Marica Rossi