Al 76° Ciclo di Spettacoli Classici, "Gli Americani a Vicenza" di Goffredo Parise

Al 76° Ciclo di Spettacoli Classici, "Gli Americani a Vicenza" di Goffredo Parise

Tra le opere narrative brevi, “Gli Americani a Vicenza” secondo Fernando Bandini, intellettuale, poeta di prima grandezza e vicentino come Goffredo Parise, è uno dei migliori racconti che l’autore del “prete bello” abbia mai scritto. Un testo dove paiono condensarsi gli umori e il talento del primo Parise con personaggi grotteschi che si muovono sullo sfondo di una città palladiana lucida e insieme fantastica, con nevicate, primavere e suoni di campane sospese nell’aria: la più chagalliana rappresentazione della propria città in assoluto.

Pubblicato per la prima volta nel 1958, quel testo (di cui la Biblioteca Bertoliana di Vicenza conserva il dattiloscritto della prima stesura) è diventato adesso un reading teatrale, concludendo proprio ora nella città del Palladio il 76mo Ciclo di Spettacoli Classici governato con mano sicura dal direttore artistico Giancarlo Marinelli.

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Presentato nella sezione Olimpico Off in prima nazionale, “Gli Americani a Vicenza” di e con Antonio Stefani con gli attori di Tema Cultura Academy e l’Ensemble Jazz composto da Attilio Pisarri (chitarra banjo), Andrea Lombardini (basso), Giacomo Berlese (sax) per la regia di Giovanna Cordova, è stato dato questo sabato 21 in doppia rappresentazione pomeridiana.

La prima volta in assoluto che il Ciclo dei Classici all’Olimpico, eccellenza culturale riconosciuta della Città, uno dei festival teatrali più longevi della scena nazionale, ‘incontra’ il contingente americano di stanza a Vicenza portando un testo letterario e la sua rappresentazione nel teatro (Soldiers’ Theatre) all’interno della Caserma Ederle. Anche per questo i biglietti per tale spettacolo prodotto da Tema Cultura e Associazione Musicale “Francesco Manzato” di Treviso si esaurirono immediatamente.

Chi è entrato nel novero degli spettatori non si è certo pentito perché lo spettacolo è stato interessante e ben vissuto sia come spaccato di vita dell’epoca sia per l’atmosfera che tutti e in primis un Antonio Stefani emozionato, son riusciti a creare, sia per la novità del tutto. E questo malgrado i necessari preliminari imposti da ragioni di prudenza come il fatto di essere condotti a destinazione con un pullman e il sottoporsi a lunghi e accurati ri-controlli una volta raggiunta l’entrata della base statunitense in terra berica.

 

Gli Americani a Vicenza, l’opera

“Gli Americani a Vicenza” è un reading teatrale che nasce come una corrispondenza, in presa diretta al momento dell’arrivo delle truppe americane a Vicenza nel 1958 quale contingente SETAF. Filologica l’impostazione di Stefani perché la sua “lettura” prende vita dalla prosa asciutta, animata dalle descrizioni dell’io narrante Parise, testimone e interprete dei fatti. Si tratta di otto quadri (che rivelano la qualificante presenza registica di Giovanna Cordova) con cambi veloci di immagini e situazioni, intervallati da brani di musica jazz suonati benissimo e anche parti di testo in inglese per omaggiare il pubblico americano tra gli spettatori.

Il racconto di quelle truppe in città con i caratteri stralunati di una minacciosa invasione aliena, si staglia in una duplice narrazione in cui il “dinamismo scientifico” made in USA si contrappone ad una Vicenza sempre immersa in un ‘sonno quotidiano’ che il più delle volte la fa apparire come città dove nessuno si muove, dove pare che la vita si trascini lenta e uniforme per giornate, senza orologi e calendario”.

“Il palcoscenico non era quello tebano delle maestosità palladiane e scamozziane, ma quello spartano eppure significativo del ‘sogno impossibile’ concretizzato infine dalla tenacia: il teatrino della caserma Ederle, pochi metri cubi in nero dall’aria di club dove però il linguaggio immortale della letteratura ha fatto irruzione superando ogni filo spinato” (Alessandro Comin).

Articolo di Marica Rossi