Per residenti e turisti appassionati o meno di fisica per tutto il mese di settembre il Museo di storia della fisica Giovanni Poleni (Via Loredan, 10) apre gratuitamente: ogni domenica pomeriggio, dalle 15.30 alle 18.30, e con visite guidate gratuite alle ore 16.
La fisica non è materia per tutti, questo è certo, ma se entriamo in questo spazio museale veniamo subito immersi nella storia della città e non solo. A Padova infatti questa disciplina era praticata sin dal XVIII secolo. E oggigiorno? E’ solo materia di studio liceale o accademico? Oppure è una disciplina con cui tutti abbiamo a che fare? Certamente la seconda basti pensare che con la fisica dobbiamo confrontarci anche nei semplici gesti del quotidiano, quando apriamo il frigorifero di casa o avviamo l’auto per andare al lavoro o spingiamo il carrello di un supermercato. È a queste domande e curiosità che il Museo risponde, proponendo un “viaggio nel tempo” e nella quotidianità della fisica.
Filo conduttore è il Gabinetto di Fisica avviato a Padova da Giovanni Poleni nel 1739, famoso nell’Europa dell’epoca, che i suoi successori accrebbero con dispositivi sempre più attuali e con strumenti del ‘500 e ‘600 fondamentali per l’insegnamento. Gli oggetti del Museo hanno quindi “biografie” che si intrecciano sia con la storia dell’ateneo patavino sia con gli sviluppi della scienza dal Rinascimento al XX secolo e oltre. È questa la collezione oggi conservata e studiata presso il Museo Giovanni Poleni. Sono esposti per la prima volta in modo permanente alcuni macchinari quale ad esempio il caso la macchina divulsoria impiegata da Poleni nel restauro della cupola di San Pietro, commissionatogli nel 1743 da Papa Benedetto XIV in persona. La raccolta del museo risale al 1738 quando viene istituita dal Senato veneziano la cattedra di filosofia sperimentale nell’Università di Padova.
Le materie trattate vanno dalla meccanica all’idrostatica, dall’ottica al calore: si può parlare in termini moderni di lezioni di “fisica sperimentale”. La nuova cattedra viene assegnata nel 1739 a Giovanni Poleni, marchese veneziano, all’epoca professore di matematica nell’ateneo patavino.
Per le sue lezioni di filosofia sperimentale, Poleni crea un Gabinetto di Fisica di circa quattrocento strumenti e che presto diviene un punto di riferimento in Europa. Circa un centinaio di apparati del Gabinetto poleniano sono sopravvissuti fino ai nostri giorni. Dopo Poleni, la raccolta venne via via arricchita dai suoi successori nel corso dei secoli fino a oggi. La strumentazione in passato era destinata all’insegnamento della fisica e all’attività di ricerca perciò doveva essere continuamente adeguata in funzione degli sviluppi della scienza.
Per quasi due secoli, l’insegnamento della fisica sperimentale aveva come sede il Palazzo del Bo, dove Poleni aveva fatto costruire per le sue lezioni un vero e proprio “Teatro”. La strumentazione fu poi trasferita nel 1937 in via Marzolo, dove venne realizzato il nuovo edificio dell’allora Istituto di Fisica. Trascurata negli anni della guerra e della successiva rinascita della fisica padovana, la collezione venne infine studiata e messa in salvo a partire dagli anni 1970 da Gian Antonio Salandin, allora professore del Dipartimento di Fisica. Cominciò così ad emergere il valore storico della raccolta, tuttora oggetto di numerosi studi, e di cui circa 700 pezzi sono oggi esposti nei locali del polo didattico del Dipartimento di Fisica e Astronomia, mentre il resto è conservato in diversi depositi.
All’interno del museo si respira un’atmosfera storica con i fitti legami tra i fisici locali e la comunità scientifica nazionale e internazionale, collegamenti con discipline come l’arte, l’architettura, la musica e la psicologia. Numerosi gli stimoli e gli spunti di riflessione sui rapporti tra scienza e società. Storie di successi e di insuccessi mettono in luce il contesto politico, sociale ed economico, così come il profondo legame della raccolta con il territorio.
Per il visitatore che desideri invece un approccio più “contemporaneo” alla fisica, nel museo sono ben documentati anche gli sviluppi più recenti dell’Ottocento e del secolo scorso: camere a ionizzazione, scintillatori e contatori Geiger illustrano ad esempio le ricerche svolte sulla radioattività nel XX secolo. Fra gli strumenti del secondo dopoguerra ci sono diverse camere a bolle realizzate dal gruppo di Pietro Bassi: si trattò dei primi apparati di questo tipo funzionanti in Europa. Una di queste fu la prima camera a bolle ad essere impiegata al CERN di Ginevra alla fine degli anni 1950. Tali strumenti ci narrano non solo le difficoltà e i successi della fisica padovana e italiana nel dopo-guerra, ma anche l’avvio delle grandi collaborazioni internazionali.
Il Museo Poleni vale una visita, ancor meglio se di domenica, giorno in cui l’ingresso è gratuito.