Gilgamesh? Un nome che ai più non dice nulla, o di cui si ha un vago ricordo dai banchi di scuola. Il Poema di Gilgamesh affonda le proprie radici in una civiltà antica, anzi antichissima: quella degli Assiri, che popolarono una terra fertilissima allora, quanto oggi martoriata, la Mesopotamia. Zona del Medio Oriente che, come sappiamo, corrisponde all’Iraq, a parte della Siria e dell’Iran. Il poema originario è scritto in caratteri cuneiformi su tavolette di argilla che fortunatamente e fortunosamente sono state scoperte e decifrate un paio di secoli fa. Vi si legge il Poema di Gilgamesh, che risale all’VIII-VII secolo a.C. Il protagonista è un giovane re di Uruk che affronta pericoli e avventure, battaglie e viaggi alla ricerca di sé e dell’immortalità. Affronta anche il pesante dolore della perdita del miglior amico, Enkidu.
Una delle celebri tavolette di Ninive contenente parte del Ciclo dell’epopea di Gilgamesh – considerata il primo testo letterario dell’umanità e il secondo documento religioso al mondo dopo i Testi delle Piramidi – è stata restituita dagli Stati Uniti all’Iraq, da cui era stata prelevata insieme a 17mila altri preziosi reperti. I cimeli – preistorici, assiri, babilonesi e islamici – erano stati trafugati durante la lunghissima crisi iniziata con l’invasione degli Stati Uniti, nel 2003, a seguito della quale molte opere uniche e inestimabili sono finite nel mercato del contrabbando o distrutte, soprattutto durante l’occupazione dell’Isis iniziata nel 2014.
Un poema, dunque, che solo con l’abilità del regista Giovanni Calcagno diventa opera da “raccontare”, perché – come racconta Calcagno – era necessario “togliergli la polvere” depositatasi nei millenni. A lui, a Vincenzo Pirrotta e a Luigi Lo Cascio il compito di condurre la narrazione: la cornice è un deserto. Il loro ruolo? Quello di narratori come gli antichi aedi greci o i griot nordafricani: conoscere e rivelare. Tre parti che prima si susseguono e poi si intrecciano in toni e accenti quanto mai vari nel rispetto delle vocalità, dei timbri e dei caratteri dei singoli interpreti.
Calcagno, che pochi minuti prima di andare in scena ha incontrato il pubblico nel Ridotto del teatro, si finge sul palco un filosofo sapiente che riflette sull’esistenza. Pirrotta invece, attingendo molto al teatro popolare e al cunto siciliano, recita una parte più di azione e Lo Cascio veste i panni di un archeologo, intento a decifrare i reperti e a evidenziare il ruolo della scrittura e della poesia. Il risultato è un cammino di conoscenza, un “evergreen” della letteratura sapienziale di tutti i tempi che ci mostra un eroe combattuto tra l’umano e l’eterno, tra mortalità e immortalità, il grande mito di tutte le civiltà.
Scene dai colori del deserto, nei toni del sabbia e in palette con l’atmosfera di solitudine profonda e misteriosa che il deserto fa rievocare. Musiche e suoni accompagnano i video a completare il senso di mistero e di sogno: stati d’animo che fanno immergere lo spettatore in un liquido amniotico che protegge e che, solo a tratti, intimorisce.
Calcagno ha curato una nuova traduzione del testo che è uscita in un volume per la casa editrice Mesogea: a fine spettacolo infatti il curatore si concede nuovamente al pubblico per un firmacopie.
Il poema ha avuto interessato traduttori, intellettuali e appassionati in tutti i tempi: Rainer Maria Rilke affermò di non aver letto mai niente di così potente, Elias Canetti volle confrontarsi con questo testo per tutta la vita. Franco Battiato nel 1992 ne trasse un’opera lirica in due atti di cui curò le musiche e i testi.
I contributi audiovisivi sono di Alessandra Pascetta: tre corti di grande effetto scenico e poetico. Tra atmosfere orientali immaginarie e oniriche, lo spettacolo incolla lo spettatore alla poltrona in un teatro dal pubblico numeroso e sempre attento.
Dopo i cento minuti di rappresentazione, si esce dalla sala soddisfatti e, forse, come sosteneva il grande filosofo Aristotele, rigenerati dopo la lunga riflessione vissuta dai personaggi: vita e morte, lotta e amicizia, mortalità e eternità. I grandi dilemmi di sempre.