A partire dalla giornata di oggi fino a domenica 4 giugno, presso il Museo di Palazzo Grimani, sarà possibile visitare la mostra interamente dedicata a Inge Morath, celebre fotoreporter austriaca nota per essere stata tra le prime donne ad aver intrapreso una carriera solitamente riservata al sesso maschile. Un’occasione imperdibile per conoscere lo straordinario lavoro di un’artista unica nel suo genere e osservare alcuni degli “scorci” più rappresentativi di Venezia agli albori del “Boom Economico” in uno dei palazzi più rinomati della città lagunare.
Al Museo Grimani una collaborazione dal respiro internazionale
Favoriti dal centenario dalla nascita dell’artista gli organizzatori e curatori della mostra KurtKaidl, Brigitte Blum e Valeria Finocchi ‒ con la partecipazione della Direzione regionale Musei Veneto e la società Suazes ‒ hanno celermente collaborato per offrire ai turisti e «soprattutto ai Veneziani, uno scorcio della città lagunare» nel decennio successivo alla caduta del Fascismo fornito da una donna che ha rivoluzionato il modo di fare fotografia.
Prima fotoreporter ad essere assunta dalla prestigiosa Magnum Photos, la Morath ha dato inizio alla sua carriera in laguna, incantata dai giuochi di luce che andavano a crearsi nei volti delle persone che incontrava, nei monumenti eterni della città avvolti dalle nebbie novembrine, nella spuma salmastra dei canali durante il maltempo. La mostra intitolata “Inge Morath. Fotografare da Venezia in poi” ha come obiettivo far conoscere la storia e l’innata passione della fotografa per la scoperta, per il viaggio, ispirando le nuove generazioni a seguire le sue orme, ricordando tuttavia che solo coloro che cercano di superare i propri limiti, di innovare, potranno lasciare un segno o, in questo caso, delle foto dal valore universale.
Lo stile Morath: la fotografia per unire passato, presente e futuro
Snelle, leggere alla vista, semplici e al contempo portatrici di significati complessi, lefotografie di Inge Morath condensano nelle sfumature bicromatiche i moti quotidiani della vita popolare veneziana, dei quartieri africani newyorkesi, dei volti di alcuni dei grandi protagonisti del Novecento con un linguaggio universale, attuale sempre, in cui a essere in primo piano sembra esserci il principio della ciclicità che regola il corso della storia. I protagonisti degli scatti sono innanzitutto le persone, alcuni animali in pose bizzarre, la dinamicità in tutte le sue forme, la vita all’opera. La sua vera essenza la reporter la trova infatti nel movimento, nel saper elaborare ed enfatizzare un particolare difficile da cogliere in unafrazione di secondo.
Una caratteristica facilmente riconoscibile nel tessuto di una gonna che volteggia, nell’espressione spontanea di un pescatore soddisfatto del pescato giornaliero, in uno stormo di piccioni in Piazza San Marco, e ancora, nella dolcezza dei primi piani delle star di Hollywood. Alla costante ricerca dei colori accesi cattura-sguardi, nelle foto d’oggi non è possibile cogliere l’emotività che permea il “bianco e nero” utilizzato dall’austriaca nei suoi scatti capillari, invisibili “fili rossi” che collegano il soggetto alla lente della macchina, terzo occhio dell’artista. Ed ecco che appare, salda d’un legame inscindibile, l’immortalità: il passato farsi nuovamente presente, l’attualità rapportarsi con il futuro o, riportando le parole della stessa Morath, «la ricerca della verità interiore». Buona mostra a tutti i partecipanti.