Dal 19 settembre 2020 al 17 gennaio 2021 in mostra una settantina di opere dell’artista russo, scelte per garantire un viaggio fantastico in un mondo fatto di sogni e meraviglia ispirato dalle opere di uno degli artisti più amati del Novecento
“La felicità non è felicità senza una capra che suona il violino…”. Questa è la frase che Julia Roberts (nei panni di Anna Scott nel film Notting Hill) dice indicando una copia de “La mariée” (in italiano “La sposa”), il famoso olio su tela realizzato nel 1950 da Marc Chagall. Un esempio che testimonia la fama di questo artista che è riuscito ad entrare con il suo universo fantastico nell’immaginario collettivo anche più pop.
E proprio al grande pittore russo, naturalizzato francese, è dedicata la “monografica” “Marc Chagall. Anche la mia Russia mi amerà. Inizialmente programmata per la scorsa primavera, aprirà i battenti nello splendido Palazzo Roverella di Rovigo dal prossimo 19 settembre per proseguire fino al 17 gennaio 2021.
L’esposizione, promossa da Fondazione Cariparo, Comune di Rovigo e Accademia dei Concordi, è incentrata sull’influsso determinante che sulla sua opera ha esercitato la grande tradizione culturale della sua patria russa.
Infatti la “Grande Madre Russia” rimane il luogo delle radici di Chagall, della memoria di un amore che avverte deluso e che sogna potersi realizzare. Il patrimonio culturale della profonda Russia, con la sua ricchezza di immagini e leggende, emerge in una sorta di realismo poetico dove il canto di un gallo, capre, violini, rabbini e favole campestri distillano temi giganteschi come la fede, le passioni, la morte, la salvezza. Una storia del destino dell’uomo nei colori di un genio visionario, anima errante in un mondo in bilico fra tradizione e modernità.
La Russia, il dolore di non poter ritornare che è l’etimologia stessa della parola nostalgia, è presente in ogni sua opera, da “Ma Vie”, il ciclo di 20 tavole che illuminano la sua precoce e dolorosa autobiografia a “Le anime morte” di Gogol, il più profondo sguardo sull’anima russa della grande letteratura.
Il tema dell’esposizione
La mostra intende illustrare come l’artista sia giunto a elaborare, attraverso i fili della sua memoria, la ricchezza di immagini e di leggende tipiche della cultura popolare e spirituale russa, coniugandole con il misticismo fantastico della tradizione chassidica cui egli appartiene, sino a farne l’armamentario specifico che caratterizzerà sempre, e per tutta la sua lunga vita, il suo linguaggio artistico.
Gli animali fantastici, le persone e i villaggi che volano, i cieli e i tetti che si toccano, gli angeli, sono tutti elementi che Chagall ha attinto dalla tradizione favolistica russa per trasformarli negli elementi originali della propria sintassi espressiva, mentre deriva dal mondo ebraico e cristiano ortodosso delle icone la cifra intellettuale e spirituale della sua opera.
Questo approccio consente anche di analizzare da un punto di vista rinnovato la posizione singolare di Chagall all’interno dell’arte del XX secolo. Infatti, contrariamente all’iconoclastia propria delle avanguardie di inizio secolo, la sua pittura, pur ponendosi fermamente sul piano del moderno, non necessita di, e non produce, alcuna rottura con il mondo della memoria e delle forme che la tradizione in cui è cresciuto presuppone.
E così, pur scegliendo di vivere, come lui stesso dice ‘voltando le spalle al futuro’, Chagall si trova ad avere codificato un linguaggio e una sintassi espressiva che divengono nella sua opera elementi di arricchimento e di originalissima definizione formale senza mai interferire con il mondo delle emozioni e dell’affettività, continuando a parlare ancora oggi, come pochi altri, alla nostra sensibilità postmoderna.
Tra le opere in esposizione, una settantina in tutto, si annoverano i maggiori capolavori dei musei russi di Mosca e di San Pietroburgo, dal Centre Pompidou di Parigi, dalla Thyssen Bornemisza di Madrid a cui si aggiunge una generosa selezione di opere provenienti dalla collezione privata degli eredi dell’artista e quadri in arrivo da importanti e storiche collezioni private, con alcuni dei più grandi capolavori fra cui “Passeggiata”, “Ebreo in rosa”, “Il matrimonio”, “Il Gallo”, “Il guanto nero” e tanti altri. Il tutto sarà accostato ad una scelta di icone, in cui si esprime la vetta più alta della spiritualità russa, e le “stampe lubki”, in pratica vignette popolari ampiamente diffuse ai tempi di Chagall.
Marc Chagall morirà in età avanzata e il suo linguaggio parla ancora, forse proprio per il suo essersi tenuto in dialogo con le avanguardie senza mai partecipare della loro carica dissacrante. La sua è una pittura che rimane al passo con il modernismo ma senza mai aderirvi del tutto. L’utopia e la tradizione, il passato e il futuro stanno l’uno di fianco all’altro senza scarti, dando vita ad un’esperienza emotiva rafforzata dalla definizione formale.
La sua Russia, il luogo delle radici, del dolore e del distacco rimane punto fermo e sogno vagheggiato. E le parole con cui si conclude la sua autobiografia illustrata “anche la mia Russia mi amerà” suonano come una profezia. L’esilio sarà definitivo ma l’amore per questo artista originale e atipico permane e sarà capace di valicare molti confini.
La mostra, curata da Claudia Zevi, nasce dalla collaborazione con la Fondazione Culture Musei e il Museo delle Culture di Lugano, che ne ha ideato e sviluppato il progetto nell’ambito delle ricerche e delle attività del ciclo “Ethnopassion”.
Il catalogo della mostra è curato da Claudia Beltramo Ceppi Zevi ed è pubblicato da Silvana Editoriale, con saggi di Michel Draguet, Maria Chiara Pesenti, Giulio Busi, Giulia Gigante, Sofiya Glukhova.
Ulteriori info: www.palazzoroverella.com/mostra/marc-chagall.