Il museo di Via Roma 60 nacque da una chiacchierata informale tenutasi ormai cinquant’anni fa, nel 1972. In un bar della frazione di Canove, un gruppo di otto amici si ritrovò a leggere il Giornale di Vicenza: grazie allo spunto di un articolo, arrivarono a commentare la quasi totale assenza di istituzioni museali locali che ricordassero gli eventi dal primo colpo sparato da Forte Verena (era il 24 maggio 1915) alla prima adunata nazionale degli Alpini sull’Ortigara (5-7 settembre 1920).
In quella serata autunnale, il gruppetto pensò dunque di radunare una collezione di oggetti e memorie dell’Altopiano dei Sette Comuni, per rendere giustizia alla storia di Asiago, Enego, Foza, Gallio, Lusiana-Conco (al presente, due separati comuni), Roana e Rotzo. Dalle parole si passò ai fatti e la cantina di uno degli otto amici divenne la sede provvisoria del primo nucleo di reperti, poi arricchitosi di ulteriori donazioni e acquisti.
Ben presto, per il materiale da esporre divenne necessario creare un archivio e una sede ufficiale: nel 1974, il Comune di Roana destinò alla conservazione della raccolta di documenti e oggettistica l’edificio dell’ex stazione ferroviaria di Canove, situato in una posizione ottimale per essere raggiunto dai visitatori.
Ad oggi, il museo è aperto per singoli e comitive, tutti i giorni fino al 9 gennaio (con orario 10.00 – 12.00 e 15.00 – 19.00), in seguito durante i weekend (tutti i sabati e le domeniche fino al 13/06, con lo stesso orario): l’ingresso costa soltanto cinque euro ed è gratuito per i bambini fino ai 6 anni.
Prima di arrivare al museo
A poco più di dieci minuti di distanza dal museo, all’interno del territorio comunale di Cogollo del Cengio, è situato l’ex cimitero militare italo-austriaco “Maggiore Edoardo Ricchiardi”: tra il 1916 e il 1918, in questo sito furono sepolte le salme di 477 soldati italiani e 251 caduti austriaci, che qui rimasero fino al maggio del 1934, quando furono traslati presso il sacrario di Asiago.
Nel 2006, la Croce Nera di Cogollo si occupò di restaurare l’area sacra in collaborazione con i Comuni dell’Altopiano: grazie al lavoro di numerosi volontari e alla disponibilità della famiglia Magnabosco, proprietaria del terreno, il luogo rimane una solenne memoria del sangue qui versato, circondato dalla dolcezza e dal silenzio di un verdeggiante fronte boschivo.
L’esposizione museale
La prima, doverosa menzione va alla Battaglia dell’Ortigara: ricordata nei versi accorati di Claudio Carena, costò da sola migliaia di morti e feriti da ambo le parti, un numero ragguardevole e spaventoso di perdite tenendo conto della limitata estensione del fronte dove ne avvenne la maggior parte (due chilometri sui quattordici totali interessati dallo scontro).
Combattuta nel giugno del 1917, è la ragione per cui il monte da cui prende il nome fu ribattezzato “Calvario degli Alpini”: dal 2007, l’Ortigara è parte dei percorsi escursionistici storici delle Prealpi vicentine, organizzati come un ampio museo all’aperto che offre anche uno spettacolare panorama naturalistico.
Camminando fra le vetrine, saltano agli occhi le immagini dei feriti colpiti dagli shrapnel, dai gusci dei quali sono sorte nel tempo sculture di metallo a forma di stella alpina: i singoli proiettili, invece, sono diventati anche perle di rosario, convertendosi da strumenti di morte a oggetti di fede. La guerra ha lasciato il passo all’arte, trasformando bossoli di cannone in candelabri, residui bellici in croci, oggetti scolpiti o decorati a sbalzo a volte direttamente in trincea. In una teca, si può persino ammirare un accendino ricavato da un proiettile.
Senza dubbio, la sorte che ha portato granate e filo spinato a diventare suppellettili dai contorni sbalzati fa riflettere su quanto sia destinato a persistere nei secoli: il furore dei colpi e delle esplosioni non si sente più, nei corridoi del museo di Roana. Si leggono invece le storie d’affetto e di vita vissuta immortalate nelle fotografie, nelle cartoline, nei ritagli di giornale e nelle lettere che danno testimonianza di quanto accaduto, con il desiderio che sia accaduto per insegnare a non seguire di nuovo la stessa strada di sangue.
Immagini a cura dell’autrice