Frammenti dallo spazio

Frammenti dallo spazio

In Via Gradenigo 6, fino al 1° dicembre di quest’anno, è aperto al pubblico l’allestimento  Meteoriti. Viaggio dallo spazio profondo alla Terra, che consente di scoprire alcuni degli oggetti più curiosi mai atterrati sul nostro pianeta: senza nulla togliere alle geometrie di aerei e altri velivoli (o volatili), le forme che emergono dall’esame di una sottile sezione di meteorite esposta alla luce polarizzata hanno un loro unico, caleidoscopico fascino.

Meteorite di Imilac
Pallasite di Imilac, 1822. Campione di 48.2 grammi in esposizione alla mostra

La pallasite di Imilac, invece, non ha bisogno di essere sezionata al microscopio per stupire: si tratta di un agglomerato ferro-roccioso in cui spiccano i brillanti cristalli di olivina, qui colpiti dalla luce retrostante. Questo campione, proveniente dalla collezione di Matteo Chinellato, è stato recuperato in Cile, nel mezzo del deserto di Atacama.

Ma, facendo un passo indietro: che cos’è, di preciso, un meteorite? Quanti ne cadono sulla Terra, e che caratteristiche hanno?

A queste e altre domande risponderemo qui di seguito.

Una presentazione

Si chiamano meteoriti tutti i frammenti di corpi celesti extraterrestri che sopravvivono al brusco contatto con la nostra atmosfera, raggiungendo la superficie del nostro pianeta sotto forma di agglomerati rocciosi più o meno rilevanti per dimensioni.
Mentre transitano all’interno degli strati della nostra atmosfera, prendono il nome di “meteore”: in questa fase, l’attrito con l’aria modifica il frammento in caduta, modellandolo durante la discesa e mutandone l’aspetto in maniera identificativa.

Meteoriti e rocce terrestri
Alcuni meteoriti misti a rocce terrestri: all’interno della mostra, una piccola area sperimentale invita a cimentarsi nell’identificazione dei frammenti meteorici, con l’aiuto di una calamita

Per riconoscere un meteorite, spesso si fa riferimento alle caratteristiche che acquista al passaggio oltre la frontiera atmosferica: alcuni assumono una forma aerodinamica (anche se è irregolare, spesso è smussata ed è compatta), presentano una crosta di fusione (una sorta di “impronta termica” dell’attrito generato dall’aria), una superficie scura dovuta al calore assorbito e, infine, proprietà magnetiche (dipendenti dall’alto contenuto in ferro).
Questi tratti, insieme ad un peso specifico elevato e alle differenze spesso evidenti rispetto alle rocce circonvicine, aiutano ad individuare un possibile meteorite.

Quant’è raro un meteorite?

Si stima che sulla Terra cadano in totale 40.000 tonnellate di meteoriti all’anno: la maggior parte di essi, tuttavia, si disintegra in parti talmente minute da costituire della semplice polvere, poco rintracciabile e apprezzabile. Frequenti e numerose sono inoltre le micrometeoriti, dal diametro inferiore ai 2mm: il materiale che si riesce a raccogliere, esporre e studiare, perciò, corrisponde soltanto all’1% della cifra che menzionavamo poco fa.

La meteorite Campo del Cielo
A volte, l’1% ha comunque il suo peso: i 32 chili del campione in foto sono stati recuperati dalla seconda meteorite più grande che conosciamo. Per reperire i frammenti all’interno dell’area in cui è caduta, denominata Campo del Cielo, occorre dribblare gli assalti poco gentili della fauna locale (in particolare, di un insetto vettore di una malattia mortale e di un serpente dal morso neurotossico).

I meteoriti si possono individuare dopo la caduta, anche dopo milioni di anni: a tale scopo, possono essere organizzate persino delle spedizioni ad hoc per rintracciarli, ad esempio in Antartide. I luoghi migliori per cercare i meteoriti, infatti, sono le lande desertiche: fredde o calde che siano, con la loro uniformità consentono alle eventuali rocce aliene di saltare immediatamente all’occhio.
Più rare, invece, sono le occasioni in cui è possibile vedere dal vivo la caduta di una meteora, con i classici effetti di luce che ne conseguono: solo pochissimi di questi eventi sono stati ripresi, come quello russo di Chelyabinsk.

Una descrizione geologica

Le meteoriti possono appartenere a due tipologie: la prima è quella delle meteoriti non differenziate (come, ad esempio, le condriti), che derivano da un corpo celeste di formazione più antica, di dimensioni più piccole, che non ha mai sviluppato un nucleo o una netta stratificazione interna.

Acondrite
Acondrite recuperata nel Sahara dell’Ovest: campione di 28,3 grammi prelevato nel marzo del 2013

La seconda categoria di meteoriti comprende invece le meteoriti differenziate, staccatesi da un oggetto molto più simile ad un pianeta, in cui si sono attivati processi di fusione e cristallizzazione: in questo caso, esse appartengono a uno dei diversi strati in cui si è organizzato il corpo celeste di partenza, assumendo caratteristiche peculiari per ciascuna sede.
Una composizione di ferro e nichel, ad esempio, identifica una meteorite proveniente dal nucleo, mentre un’acondrite proverrà dallo strato più esterno del corpo celeste e avrà una composizione chimica diversa, più ricca di silicati.

Meteorite ferroso
Siderite ottaedrite “Gibon”, proveniente dalla Namibia: i “disegni” che ne solcano la superficie vengono chiamati figure di Widmanstätten o di Thomson, dal nome dei due scienziati che le scoprirono in maniera indipendente l’uno dall’altro.

Sono meteoriti differenziate anche le acondriti che provengono da Marte o dalla Luna: per molti aspetti superficiali, esse assomigliano a rocce terrestri: tuttavia, l’analisi degli isotopi dell’ossigeno o altre metodologie d’indagine aiutano a determinarne la provenienza.

Un reperto da record

Gli esemplari di meteoriti raccolti dalla mostra sono tutti da ammirare: dalla collezione di frammenti trovati in Italia, corredata di pubblicazioni e accurate descrizioni dei ritrovamenti, alle meteoriti di Canyon Diablo, responsabili della formazione del famosissimo Meteor Crater (cratere di 1.186m di diametro situato in Arizona).

Meteorite di Hoba
Oltre al frammento in foto, nella teca è esposto un campione quasi gemello, dal peso leggermente superiore (50g).

La siderite di Hoba, però, merita una menzione speciale: è infatti la più grande al mondo, oltre ad essere diventata, dopo la sua scoperta, un monumento nazionale della Namibia, dov’è stata identificata nel 1920.
L’enorme roccia non è mai stata spostata, complici le attuali 55 tonnellate di peso: essendo di natura ferrosa (all’82,4%), tuttavia, gli agenti atmosferici ne stanno causando il progressivo arrugginimento. Il vandalismo e l’asportazione di campioni per la vendita ne hanno ridotte le dimensioni, ma i suoi circa 3x3x1 metri di larghezza, lunghezza e spessore fanno la loro bella mostra all’interno del piccolo anfiteatro che le è stato costruito intorno.


Al Polo di Scienze della Terra dell’Università di Padova troverete questo e molto altro: nel caso l’argomento vi abbia appassionato, inoltre, tenete a mente che in tutta Italia sono presenti diverse sedi museali con una sezione dedicata alle meteoriti.


Se amate viaggiare o già abitate nei dintorni, dunque, non perdetevi il Museo di Scienze Planetarie di Prato, oppure il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, o ancora, perché no, il Museo d’Ateneo di Firenze (seppur temporaneamente chiusa, la sezione di Mineralogia e Litologia verrà infatti riaperta in una nuova sede).

Immagini a cura dell’autrice.
Fotografie dei meteoriti Campo del Cielo e Gibeon a cura di Walter Lain.