Intervista all’artista monselicense Roberto Tresin

Intervista all’artista monselicense Roberto Tresin

Ascoltare Roberto Tresin mentre racconta la sua esperienza creativa affascina tanto quanto seguire il profilo di un piccolo stormo di farfalle che si leva in volo: farfalle d’acciaio, queste, che uniscono in un galante ossimoro la fragilità di un’emozione alla salda forza con cui viene espressa, senza barriere che riescano ad ostacolarla.

Nato a Monselice nel 1960, Roberto disegna e dipinge sin da bambino, trovando sia negli insegnanti che in famiglia un apprezzamento precoce: inizialmente, il suo approccio è classico, figurativo, persino diffidente nei riguardi dell’arte moderna, ma pian piano ricerca una sempre maggiore libertà dai vincoli della tradizione, dagli strumenti e dalle tecniche più inflazionate.

Tresin

Roberto insegue qualcosa che “ditta dentro”, per usare una citazione dantesca, portandolo fuori e oltre in maniera istintiva. Ad oggi, alcune delle sue opere sono esposte a Palazzo Zabarella, sede del Museo d’Arte Moderna di Padova, ma s’incontrano anche lungo le strade di Monselice, al centro delle sue rotonde. Una molto particolare, inoltre, si trova all’Ospedale di Schiavonia: ha come tema il Covid-XX, dove la doppia X sta a significare il periodo indeterminato di permanenza che il virus avrà nelle nostre vite.

Se dovessimo fare un po’ di storia della tua arte, da dove partirebbe il suo percorso? Attraverso quali tecniche l’hai fatta crescere nel tempo?

Il mio sperimentalismo non ha mai fine. Ho iniziato con i colori a olio, con gli acquerelli, qualche anno dopo ho utilizzato gli acrilici per poi buttarmi su tempere e pigmenti.
Facevo dei ritratti molto dettagliati, da bravo perfezionista: ho portato queste opere in galleria e sono stato spinto a cercare una mia via, che non si conformasse a ciò che già esisteva.
Di professione sono un informatico, per cui all’epoca ho provato a sperimentare qualcosa di veramente nuovo e pionieristico – l’arte vettoriale, creata con i primi programmi di grafica di trent’anni fa! Particolare di un dipinto

In seguito, ho dipinto con i tubi distese di papaveri e tulipani, incontrando un grande successo tra il pubblico. Tuttavia, mi sono pian piano allontanato da quel tipo di arte: un punto di svolta in questo senso è stato l’incontro con le opere di Emilio Vedova, che mi ha fatto innamorare dell’action painting. Dal 2008 in poi, questo è stato il mio mondo: l’arte d’azione, l’espressionismo astratto declinato in una “versione Tresin”, mia, di questa corrente artistica.

Pur apprezzando l’esperienza di galleria, sentivo inoltre che lo spazio chiuso di un ambiente protetto non si addiceva alla mia arte. Volevo che fosse libera dalla costrizione di un luogo e che fosse vissuta in parchi e piazze, a contatto con la Natura, sua prima ispiratrice. E così è stato: nel 2017 è nato il mio movimento, Cloud and Art, che porta le mie creazioni all’aria aperta.

Anche l’altruismo gioca un ruolo chiave nel tuo mettere ciò che fai a disposizione del mondo: il ricavato di eventi e vendite è destinato ad associazioni attive nell’ambito della beneficenza.

Sì, per me l’arte è anima, dopotutto, non denaro sotto una diversa forma.

Sai, dando in mano un pennello ai miei nipotini vedo come usano la loro creatività senza preoccupazioni di sorta, senza voler imitare un modello o un predecessore. Quello che cerco è il ritorno a quello spirito privo di condizionamenti, anche nel giudizio: approcciarsi all’arte moderna è difficile per lo spettatore perché cerca una chiave di lettura precostruita, mentre ciò che deve fare è lasciarsi rapire da ciò che guarda, trovando il suo personale senso, la sua interpretazione di ciò che vede. Lasciandosi stupire da quanto un’opera possa essere specchio della sua identità.

Tresin
Cosa immaginate vedendo questi cerchi di blu? Cosa vi comunica il colore?

Già la tua pittura ha il suo aspetto tridimensionale, ma non ti sei limitato a darne un accenno su tela: ti sei cimentato anche nella scultura, arte 3D per eccellenza.

Esatto. Ho utilizzato il legno, il gesso, il marmo, il bronzo colato a cera persa, poi è venuto l’acciaio, incontrato quasi per caso sul retro di un’azienda per cui era uno scarto della lavorazione industriale. L’ho raccolto e riplasmato, con le mie mani, perché dev’esserci un contatto tra me e il materiale, senza l’intermediazione di uno strumento. Ho imparato pian piano a usare il saldatore per unire frammenti diversi, e ormai è da vent’anni che impiego l’acciaio per le mie sculture, ridandogli vita e facendolo mio.

Acciaio Tresin
Albero musicale di R. Tresin: colpito dal vento, produce una sua musica. Collocato all’interno di un giardino privato.

Grazie per aver condiviso con noi la tua arte e la tua filosofia.

Invitiamo i lettori a cercare le opere di Roberto Tresin, a viverle di persona oltre che nelle fotografie qui riproposte per gentile concessione dell’autore: l’impatto che hanno ad uno sguardo ravvicinato è ben più vivido che tramite il piccolo schermo di un cellulare o di un computer.
In conclusione, vi suggeriamo i link ai profili social dell’artista, per permettervi di seguirne con più agio i futuri eventi su Facebook ed Instagram.